Che il tacer l’è bello
Un verso di Dante che ci ricorda che all'inferno, c'è anche chi se l'è sfangata.
Essendo oggi il dantedì, il complemorte del sommo poeta, e Dante è un po’ ovunque, mi sono imbattuto in questa terzina:
Parlando cose che ‘l tacere è bello
Il che mi ha molto colpito, cosa ci può essere di così terribile da essere conveniente tacere? Cose così terribili da non poter essere nominate tipo Voldemort? Ovviamente nel pensarci, avevo il retropensiero che il mio libro potesse tranquillamente rientrare in questa categoria. Dopotutto, come diceva un maestro zen:
“Se non si ha nulla di bello da dire, è meglio tacere”.
Uno psicologo direbbe invece che sto proiettando su Dante, ma vabbé.
Gooogla, disfa e sbriga vien fuori che è nell’inferno, al canto IV (104), dove si balla il limbo. E così becco Dante, lì con i suoi frà in da terzine, tutti fatti di stramonio al parchetto che parlano di cose interessanti quanto illecite. Ma vaffanculo va, che m’avevi fatto tutto prendere male, mica che Dante sommo poeta della parola e del suo potere, avesse trovato qualcosa di tanto sconveniente da tacere. Li mortacci tua che colpo che m’avevi fatto prendere.
Riguardo lo stramonio, voi probabilmente non lo conoscete, ma ogni toscanaccio che sia stato nella selva oscura sì. È una pianta innocente, che cresce alle pendici dei colli e dalle proprietà narcotiche, sedative ed allucinogene; si contraddistingue per avere la dose psicoattiva molto vicina a quella letale ed è anche nota come pianta del diavolo. Sostanzialmente si faceva le pere.
C’è anche da dire che gli amici con cui si sparava le rime erano: Omero, Ovidio, Orazio e Lucano, quindi ci credo che facevano discorsi interessanti ‘sti qua. A tal proposito ricordiamoci che non siamo ancora propriamente entrati all’inferno e che Dante fa una scelta coraggiosa andando contro la teologia del tempo, con l’inquisizione del 1300 che è lì che ti guarda con fare voyeurìstico come il Grande Fratello.
Come finisce? Che vince il poetry slam e lo invitano al castello vista Stige, dove fa party hard tutta la notte con tutti gli altri grandi filosofi della Storia. Tutti ma proprio tutti che gli elenca da Platone ad Avicenna passando da il mio prefe: Epitteto.
Che poi l’unica colpa che c’hanno sti qua è il peccato originale, si son dimenticati di battezzarli, come i miei genitori con me. Che culo.
“Mieux vaudrait encore un enfer intelligent qu’un paradis bête.“
Infatti se la svangano alla grande anche col contrappasso: nessuna pena fisica o materiale, solo qualche flebile sospiro, da far tremare l’aria: l’assenza di speranza.
Ma dopotutto la Divina Commedia non è nient’altro che questo no? Un rehab che Bibbiano levate. Con Dante in piena crisi di mezza età (torschlusspanik in tedesco) con le amicizie poco raccomandabili con cui fa cose e discorsi poco raccomandabili ma comunque dannatamente interessanti e umane. Anche se poi, mentre torna a casa tutto messo nel cammino della vita, sente che c’è qualcosa che non va. Aldilà del sapore di vinaccia e l’ennesima macchia Trasü De Ciúc sui pantaloni.
E allora si mette lì, con calma e pazienza, a mettere in ordine tutte le cose che vanno e non vanno bene nel mondo, una a una e di tre in tre, in una verticale architettura che gli riordini la vita, gli dia un senso, una Beatrice e qualche stella.
Giordano Bruno invece, non tacque.
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Image by Moebius – Divine Comedy