Tornare sul luogo del delitto

Lì dove ci si innamora.

Francesco deve tornare sul luogo del delitto, a Padova, lì dove si sono innamorati i suoi genitori. Francesco non parla con i suoi genitori. Francesco ci va con il suo solito cappello con sopra scritto “Guerra”. È il logo di un birrificio di un amico di Francesco e Francesco lo ha rubato una sera ubriaco ad uno ubriaco con il suo amico ubriaco in un altro birrificio ancora. Era in pace quella sera. Per partire Francesco prende il treno, Milano Centrale, ma prima un caffè nell’androne, uno di quei rarissimi punti della stazione meneghina sopravvissuti sia alla modernizzazione fascista che alla gentrificazione della città-vetrina, rimanendo così bellissima e Liberty. Francesco si siede e li vede: innamorati, di fretta, voraci e gentili con la voglia di mordersi tra le tipiche carezze di chi ha fatto l’amore da poco e si è appena conosciuto. Francesco si ricorda che sapore avevano quei momenti. Francesco beve il suo amaro caffè senza zucchero. Francesco lo sapeva che il treno è un mezzo antico quanto romantico. Francesco parte e si siede. Il prezzo del biglietto non è proporzionale alle dimensioni del tavolino. Scomodo. Francesco deve studiare. Francesco deve dare un esame di Psicologia, quella materia in cui i suoi genitori si sono laureati, come lui. Ma se c’è una cosa che Francesco ha imparato è che gli esami sono come i Rotoloni Regina: non finiscono mai. Francesco si è divertito con questo exam (Francesco lo scrive in inglese perché doveva sostenerlo in inglese). Il classico mapazzone di bias, alcuni vecchi, alcuni nuovi, da imparare. E via di giochetti da fare agli amici per ripassare. Francesco sul treno schematizza le ultime slides e si segna il “Menu effect” tra gli appunti: il numero di scelte possibili influenza le decisioni. È la sensazione di quando apri Spotify e puoi scegliere tutte le canzoni del mondo e quindi non riesci a scegliere. Francesco studia sul treno affianco a una bella ragazza, Francesco era convinto scendesse a Padova anche lei. Sembrava proprio una psicologa o forse era solo l’Halo Effect. Scende a Verona, la città degli innamorati, e si scambiano un sorriso. Francesco arriva e già dai primi passi fuori dalla stazione capisce amaramente che Padova è bellissima. Una città che pulsa, come la sua Milano, o Rotterdam, Londra, Marsiglia, Napoli. Città che anche in un pomeriggio di pallida primavera riescono a trasmettere la stessa energia dell’acqua frizzante appena versata. Giovane e fresca. Viva. Francesco adora questo tipo di città. Francesco deve aspettare di dare l’esame per darci dentro con gli Spritz. Domani. Francesco va al suo Air BnB vicino alla Cappella degli Scrovegni, scelta pettinata. Francesco non conosce nessuno a Padova. Francesco ha un sacco di amici che hanno studiato a Padova ma il tempo verbale è al passato. Francesco è sempre stato fuori tempo, proprio lui che era un bassista. Un altro amaro tempo al passato. Francesco va in biblio. Almeno un giro in biblio da studente a Padova Francesco se lo vuole fare. In quella misera ora di studio Francesco finisce le benedette slides, poi l’annuncio della chiusura in quattro lingue diverse: italiano inglese spagnolo e russo. Francesco risponde in tutte e quattro le lingue e se ne va. Francesco la sera va a mangiare nell’unico posticino carino che aveva trovato aperto la domenica sera. È solo e si gusta i bigoli per primo e tre zaletti come dolce. Riempie una sedia vuota con un pensiero. Francesco torna a casa camminando tra i portici la notte, fascinosi. Sua madre glielo ripeteva sempre quando era piccolo: meglio di quelli di Bologna. Francesco riluttante deve riconosce che Padova è proprio un bel posto per innamorarsi. Francesco dorme ma prima ripassa un’ultima volta gli appunti. Non sogna.

Un incontro tra i portici

Caffè nel primo bar aperto, camminata lungofiume e poi Porta Portello. – Sbam – Va là che place. Dopodiché edificio Psico 2 e individuazione dell’aula. Sigaretta. Francesco durante il rito del bruciare, ascolta. “E lui dissocia totale e io finalmente vedo uno schizo in fase maniacale”“Che te ne pare? Tosta eh? E tu che hai fatto?”. Francesco sorride ricordando i suoi servizi da soccorritore. “Ci salutiamo col pz. e la madre, guarda non ti dico, lei lo bacia a stampo in bocca. Poi ci credo che va in simbiontico!”. Francesco si sente a casa tra questi discorsi, d’altronde Francesco ci è letteralmente cresciuto tra questi discorsi. Francesco ha sempre avuto due case. Arriva il rintocco dell’esame. Veni Vidi Vici. Francesco consegna per primo e aspetta. D’altronde è lì anche per fare networking ché magari la prossima volta risparmia sull’Air BnB. E poi non vuole bere da solo, è sconveniente. Non appena riesce: “Allora come è andata?”. E via con la roulette universitaria. La ragazza dai capelli blu, l’amica, 4 spritz, il tavolo che si allarga, andiamo a mangiare, dajje che bionda is a state of mind, narcisista, ahaha touché!, guarda che lei è di Bolo i portici, mi scopo il conqui più giovane di me che secondo me corre troppo però andiamo in vacanza assieme due settimane in Portogallo, quello palese Sindrome del Buon San Maritano, ma dai che ce l’abbiamo tutti qui che siamo psicologi, ma la vera domanda a cui devi pensare è a quale bisogno stai rispondendo, oh cmq: PD place to be! Poi si sparecchia e passeggiamo. Sarà la luce ma Francesco, con ancora più riluttanza della sera prima, deve riconoscere che a Padova viene facile sognare il futuro.

Tra le luci di Padova, nell’ombra.

Gli dicono che Prato della Valle mozza il fiato. Francesco se lo segna per temperature più miti di quelle della sessione invernale. Francesco, a Padova, ci deve tornare come si torna alla guerra, ché nella vita gli esami sono come i Rotoloni Regina: non finiscono mai. E poi deve ancora guardare negli occhi Elena Lucrezia Cornaro Piscopia. Di nuovo. Sua madre da bambino gliela fece vedere quella statua. Arriva il tempo del treno e dei saluti, ci si scambia i numeri per l’Air BnB. Sulla via del ritorno, guardando il sole imbrunire la Bassa, Francesco si toglie il suo solito cappello. C’è scritto sopra “Guerra”. Francesco non riesce ancora a capire perché è nato. Francesco non parla con i suoi genitori. I genitori di Francesco, non si parlano. Francesco non capisce cosa farsene di questo sentimento: l’odiare l’amore dei propri genitori. È terribile. Può solo dire che Padova lo ha aiutato a capirlo un po’ di più quell’amore.

Ma come tutti gli psicologi, Francesco sa che capire non vuol dire giustificare. Francesco è stato concepito in amore ma è nato in guerra.

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